lunedì 20 giugno 2011

Mellone, Micucci - Nuovo scenario politico

Lucida analisi del sistema politico attuale, delle sue criticità e delle sue potenzialità effettuata da Angelo Mellone e Massimo Micucci. Da anni il posizionamento geostrategico dell’Italia è controverso e le categorie di destra e sinistra sovvertite. Perché? Come è cambiato l’elettorato italiano dalla fine della Seconda Repubblica ad oggi? Mellone fornisce la risposta a queste ed altre domande nel suo ultimo libro “Il futuro appartiene al Noi”, scritto insieme a Federico Eichberg.

Sicuramente l’inizio delle Seconda Repubblica e del berlusconismo hanno cambiato i termini della competizione, ma alcuni eventi fondamentali hanno modificato lo scenario:

- Il referendum per la modifica della legge elettorale, che introdusse in Italia il matterellum nel 1993. Questo prevedeva un sistema elettorale misto per le politiche: maggioritario a turno unico per la ripartizione del 75% dei seggi parlamentari, con il rimanente 25% dei seggi assegnati al recupero proporzionale dei più votati non eletti per il Senato; si introdusse, così, la preferenza unica, mentre prima si votava con voto plurimo.

- L’autonomia del sistema dei media: i media hanno conquistato il potere di agenda setting, si sono creati nuovi formati politici quali i talk show in cui o stai da una parte o stai dall’altra.

- La modifica del Titolo V della Costituzione del 2001, che contribuisce a moltiplicare i centri di gestione del potere, per cui il decisore centrale diventa meno influente.

- Il mutamento della legge elettorale da mattarellum a porcellum nel 2005, che con un premio di maggioranza ampio favorisce la nascita del PDL e del PD come cartelli elettorali.

Micucci interviene nel dibattito facendo notare quanto Berlusconi avesse intercettato la necessità di innovazione che si respirava in Italia, quanto la promessa di liberare risorse ed energia avesse creato speranza e fiducia nell’Italia del ’94. Ahimè, tali promesse allo stato attuale risultano quanto mai tradite.

La maggiore trasformazione che Micucci attribuisce alla “discesa in campo” di Silvio Berlusconi è la personalizzazione e la mediatizzazione della politica, che diventa quanto mai populistica. I programmi, infatti, sembrano assomigliarsi sempre più e il meccanismo per vincere le elezioni sembra quello di togliere credibilità all’avversario politico. Si parla di politica dell’effetto annuncio: fatta di proclami, talvolta non mantenuti, che sortiscono comunque un effetto.

La strada per migliorare l’Italia passa per una politica che guardi alle buone pratiche e ad una dimensione internazionale. Dovremmo iniziare a chiederci perché le aziende straniere non investano in Italia e se vi sia una terza via tra statalismo e liberismo. Potremmo forse ripartire dalla Big Society di cui parla il Premier inglese David Cameron dal 2010 e ora cuore del programma della coalizione liberal democratica? Riusciremo a costruire una Big Society che restituisca potere al cittadino, togliendo tale potere in parte alla politica?

Gavina Masala

mercoledì 8 giugno 2011

Colarieti - Rappresentanza, sistemi di potere e comunicazione

Una sorta di vademecum del buon lobbista, questa lezione ha chiarito quali sono gli attori istituzionali che contano a seconda del tipo di intervento da effettuare e come svolgere una corretta attività di lobby, attraverso un buon piano di comunicazione. Dopo tangentopoli, i partiti sono venuti meno alla loro funzione di aggregatori di interessi. Di conseguenza, il legislatore ha avviato riforme istituzionali che si prefiggevano di trasferire funzioni dall’alto verso il basso in un’ottica di maggiore trasparenza. à Principio di sussidiarietà.

Particolarmente importante è la Legge 267/2000, che indica le competenze di Regioni, Province e Comuni, la cui conoscenza fondamentale è per il lobbista. All’art. 10, la legge stabilisce inoltre il diritto di accesso agli atti amministrativi per i singoli o per i cittadini associati. E’ la vera agenda del lobbista, poichè indica chi fa cosa.

La rivoluzione copernicana dell’attività del lobbista è derivata dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, che ha conferito alle Regioni competenza legislativa in via concorrente su determinate materie. A seconda della materia su cui dobbiamo intervenire, ci viene indicato quale interlocutore contattare. Nello specifico, le Regioni hanno competenza in materia di: Sanità, Infrastrutture, Energia, Agricoltura, Previdenza complementare, Tutela e sicurezza del lavoro, Grande distribuzione. Capitolo importante della riforma del Titolo V è la delega al governo in materia di federalismo fiscale. Oggi le Regioni hanno bilanci importanti, le relazioni istituzionali dovrebbero essere sviluppate anche a tale livello; per questo si parla di lobby regionale.

Quale è il punto di partenza dell’attività del buon lobbista? La parola chiave è sicuramente MONITORAGGIO.

Monitoraggio delle notizie (GU, giornali, radio, TV, convegni, etc.): serve ad anticipare l’attività decisionale e per accreditarci come affidabile fonte di informazione.

Monitoraggio istituzionale: vanno monitorati gli ODG delle Commissioni, delle Assemblee, le proposte di legge, i disegni di legge, gli atti amministrativi. Si monitora per anticipare l’attività decisionale, per elaborare una strategia di azione, per fare pressione sul potere.

Si procede poi con la mappatura dei decisori: per conoscerne il profilo professionale, caratteriale, il network di riferimento e le materie di interesse per individuare chi contattare e come. Nella relazione dobbiamo dimostrare di essere costanti e non interessati.

Il Position Paper è l’outcome di questa attività, deve contenere: una breve presentazione del soggetto che rappresentiamo e una opinione su un fatto specifico. Deve concludersi con una richiesta circostanziata all’interlocutore cui lo presentiamo.

Lo scenario da tenere presente per il futuro è lo Statuto per le PMI, contenente norme per la tutela della libertà d’impresa. Tale statuto introduce importanti innovazioni finalizzate a garantire un rapporto più efficace tra pubblico e privato, ovvero una più efficace partecipazione alla fase di progettazione normativa. Istituisce, inoltre, una commissione parlamentare dedicata alle micro, piccole e medie imprese. Lo statuto mira a valorizzare il ruolo delle PMI con l’applicazione concreta nella normativa italiana dei principi europei dello Small Business Act.

Infine, il web 2.0 è lo scenario all’interno del quale ci dovremo muovere da ora in poi, imparando a sfruttarne le plurime opportunità.

Gavina Masala

lunedì 6 giugno 2011

Le fonti del Diritto

Lezione n. 3 del 2.05.2011 - Massimo Rubechi

Il sistema di diritto italiano è di “Civil Law”, ossia basato su fonti scritte, a differenza di altri sistemi come quello britannico, che si basano sulla “Common Law”, ovvero sulle consuetudini.
Le fonti del diritto nell’ambito del nostro ordinamento possono essere rappresentate attraverso una piramide, al di sopra della quale c’è la Costituzione, “fonte sulle fonti”, nel nostro ordinamento di tipo “rigido”, nel senso che non è facilmente modificabile se non attraverso una maggioranza qualificata. All’apice della piramide troviamo le fonti primarie, ossia le Leggi, derivanti direttamente dalla Costituzione, insieme ai Decreti Legislativi e Decreti Legge, oltre che ai Referendum e ai Regolamenti di Camera e Senato; al secondo livello troviamo le fonti secondarie, ovvero i Regolamenti, espressione del Governo; alla base, infine, vi sono usi e consuetudini ed altre fattispecie. In linea con questo sistema di tipo piramidale, in caso di concorrenza tra le fonti, prevale innanzitutto il criterio gerarchico, cioè qualora una fonte di rango inferiore contrasti con una di rango superiore, è sempre quest’ultima a prevalere; vale anche il criterio cronologico, secondo cui prevale la legge più recente; vale inoltre il criterio della competenza per materia.
Al di sopra del Diritto Interno, per il singolo Stato è vincolante il Diritto Comunitario, al quale fanno capo i trattati UE.

FONTI PRIMARIE

Tra le fonti primarie, accanto alle Leggi e con la stessa “forza attiva” e “passiva”, troviamo gli Atti aventi forza di legge, che rientrano nella fattispecie della Delegazione legislativa o della Legislazione d’urgenza, previste dall’art. 76 della Costituzione, secondo cui il Parlamento può delegare temporaneamente le proprie funzioni legislative al Governo attraverso Leggi Delega o Decreti Legislativi. La Legge Delega prevede una serie di indicazioni e principi direttivi da parte del Parlamento su come il Governo dovrà esercitare la funzione legislativa in sua vece: il 35% delle leggi delega vengono effettivamente esercitate dal Governo. Altro atto avente forza di legge è il Decreto Legge, con cui il Governo -in caso di estrema necessità e urgenza- può arrogarsi l’esercizio legislativo, rientra infatti nella “decretazione d’urgenza” prevista dall’articolo 77 della Costituzione, entra subito in vigore, ma deve essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni, anche con eventuali modifiche. In realtà la decretazione di urgenza è divenuta negli anni,
per i governi, una prassi che ha scalzato sempre di più l’iniziativa legislativa.
Altra fonte secondaria è il Referendum abrogativo, avente “forza negativa”, in quanto nel nostro ordinamento attraverso lo stesso è possibile unicamente abrogare una legge o un atto avente forza di legge. E’ valido se vi partecipa almeno il 50% + 1 degli aventi diritto al voto.
Altre fonti atipiche sono i Regolamenti Parlamentari, in sostanza i regolamenti interni che disciplinano i lavori alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica. Poiché nel nostro ordinamento vige l’Autodichìa o autoregolamentazione, essi non possono essere modificati da alcuna legge esterna. L’iniziativa legislativa al Senato prende il nome di Disegno di legge e alla Camera di Proposta di legge.

FONTI SECONDARIE

A differenza delle fonti primarie, “a numero chiuso”, le fonti secondarie sono “di tipo aperto”. Tra le fonti secondarie del diritto, troviamo i Regolamenti del Governo, che hanno la funzione di attuare nello specifico le leggi, contrariamente a queste ultime, caratterizzate da natura generale e astratta. Sono diverse le tipologie di regolamento:
- attuazione/esecuzione: servono ad attuare leggi;
- organizzazione: ad esempio gli atti con cui ciascun Ministero riorganizza la propria struttura all’inizio della legislatura;
- delegificazione: il Governo ha il potere di delegificare qualsiasi legge, trasformandola in norma di rango secondario attraverso “Leggi di Autorizzazione alla delegificazione”, funzionali al “disboscamento legislativo” o razionalizzazione di leggi e leggine ridondanti e superate. A tal fine è possibile procedere attraverso un Decreto Legislativo, che può essere trasformato, con Regolamento dell’Esecutivo, in un “Testo Unico” in grado di contenere e omogeneizzare le diverse leggi esistenti in materia.

Una volta approvati in bozza dal Consiglio dei Ministri, i Regolamenti vengono opportunamente trasmessi al Parlamento per un parere ed avallo politico, dopodichè tornano al Governo per definitiva approvazione, anche con modifiche. A differenza dei decreti legge e legislativi approvati sempre in modo collegiale dal Governo, i Regolamenti possono essere atti di indirizzo anche di un singolo dicastero (ministeriali) o di più dicasteri (interministeriali).

Il Governo nel nostro ordinamento è stato concepito come “debole di diritto”, rispetto al Parlamento bicamerale, ma nel tempo è divenuto “forte di fatto”, potendo disporre di diversi strumenti come ad esempio i maxiemendamenti ai decreti, o la Questione di Fiducia, che può essere posta durante l’iter approvativo di una legge, con l’effetto di far decadere gli emendamenti presentati dal Parlamento.

USI E CONSUETUDINI

Collocati alla base della piramide, gli usi e le consuetudini non sono validi “contra legem”, ma in assenza di legge e caratterizzati dalla “ripetizione”, tale da dare la percezione di un comportamento vincolante del comportamento.


Mirella Battista